giovedì 4 febbraio 2010

Consigli per esercitare il potere


Mi capita tra le mani questo mio scritto dell'estate 1996 quando fui estromesso dal mio lavoro di responsabile del progetto provinciale di lotta alla dispersione scolastica ad opera di un provveditore che fece carte false per poter realizzare questa nobile impresa sostenuto da un ampio stuolo di intriganti e facilitato da un esercito di pavidi. Come sempre mi accade in occasione di una pesante mazzata cerco di imparare qualcosa e in una notte insonne scrissi queste parole. Purtroppo come le ho scritte così le ho dimenticate - potenza della rimozione - ed ora ritrovandole, non so perché le trovo di estrema attualità. Fatemi sapere se trovate qualcuno che somiglia a questo identikit. 

LA STUPIDITÀ IN TRE LEZIONI: CONSIGLI PER IL POTERE

Da parecchio tempo ho smesso di pensare che esistono delle congiure, per il semplice fatto di aver scoperto che esiste un’unica grande congiura: quella degli stupidi. Si tratta di una trama così segreta che neppure i protagonisti ne sono a conoscenza e tuttavia non c’é appuntamento che venga saltato, patto che venga violato, obiettivo che venga mancato. Le riflessioni sulla stupidità mi sorgono spontanee soprattutto quando cerco una spiegazione alle troppe insensatezze del sistema sociale, ed in particolare mi accompagnano come pensiero molesto da quando mi é capitato di poter osservare da vicino coloro che ritengono di esercitare un potere.
L’intelligenza é movimento della mente tra due operazioni fondamentali: scomporre la realtà, che é sempre complessa e molteplice, in elementi mentali semplici: é la ragione che analizza, che fa il suo mestiere di frazionare, ratio, la realtà, ridurla a concetti da introdurre nella mente; la seconda operazione consiste nello stabilire nuovi legami tra gli elementi mentali, spostarli da una parte all’altra, creare nuovi giochi, andare oltre l’esistente ed oltre se stessi.  L’intelligenza completa é mobile e mutevole, varca continuamente confini e separazioni stabiliti dall’intelligenza stessa, consiste in una navigazione perigliosa nella complessità di sentimenti, relazioni, conoscenze. La stupidità  é quindi fissità e fissazione, incapacità di districarsi nella complessità, incapacità di uscire fuori dai propri giochi, riduzione unilaterale della realtà ad un suo solo aspetto: non é quindi una mancanza di intelligenza ma una malattia dell’intelligenza.
A scuola ci spiegano - e spieghiamo - che il principale problema della persona handicappata, che non vuol dire altro che svantaggiata, consiste nel fissarsi sulla propria parte malata, nella difficoltà a sviluppare una identità complessa in cui la parte malata abbia un suo ruolo ma non sia totalizzante. Ma la fissazione può riguardare anche qualità eccezionali - o pretese tali - della persona, che una volta privilegiate, diventano mostruose deformazioni che impediscono lo sviluppo di una persona umanamente completa. Sappiamo tutti che la precoce ed insistente specializzazione della mente o del corpo rovina le persone perché le fissa intorno ad una propria parte ritenuta ‘eccellente’.
Di queste fissazioni, di questi sviluppi unilaterali alcuni hanno particolare rilievo sociale e costituiscono il brodo di coltura di cui si alimenta la congiura degli stupidi.
Tratterò tre forme  che assumono il ruolo di abito professionale per chi esercita una qualche forma di Potere. Per Potere intendo chiunque abbia un berretto in testa che gli conferisca la facoltà di dirigere gli altri: dal posteggiatore che ti prescrive dove e come depositare l’auto, al segretario generale della Nazioni Unite.

Il potere 

Il potere un tempo discendeva direttamente dall’intelligenza: i sacerdoti dei templi-granai erano in grado di prevedere il tempo e di dare disposizioni per i lavori nei campi, erano autorità perché concretamente erano in grado di guidare la crescita del patrimonio comune. La capacità di guida e di decisione discendeva quindi dalla conoscenza, l’autorità intesa come competenza era strettamente intrecciata con l’autorità intesa come capacità di essere autori, accrescitori, del bene comune: a Giuseppe che seppe conoscere  e gestire il tempo delle vacche grasse e delle vacche magre fu dato l’epiteto di ‘nutritore’.
Quando si esercita il potere senza autorità, la decisone sostituisce il pensiero, l’imposizione sostituisce la convinzione. “Cosa fatta capo ha”: il fatto non é il risultato degli sforzi comuni, ma un’arma del potere contro gli stessi che producono il bene comune; la condivisione non é la condizione per partecipare al  lavoro comune, ma omaggio vassallatico a colui che ha il potere. La necessità di produrre continuamente fatti che si ergano come macigni di fronte ai sudditi, crea uno stato di emergenza continua, di urgenza e prontezza nella decisione.
La fissazione nel ruolo di decisori, nella iperproduzione di fatti, deprime rapidamente ogni capacità e volontà  di conoscenza: i fatti prodotti dal potere sono macigni per il potere stesso, che si aggroviglia sempre di più intorno ad essi e perde ogni interesse a dipanare la complessità del reale a inventare nuove possibilità, a essere autore di qualcosa.
Il potere é quindi solitudine e solipsismo, autosufficienza, scioglimento e isolamento da legami che possono richiamare fuori dal gioco solitario; il potere ammette solo il simile a se stesso,  perché la ‘similitudine é estraneità’: tra i simili non si crea alcun movimento di conoscenza, ma semplicemente solitaria compresenza.  Sotto questo aspetto gli uomini del potere tendono continuamente a ricreare lo spirito dell’acropoli; la cittadella, che domina dall’alto la città, essendo abitata da guerrieri-amanti: suprema garanzia di spirito combattivo e totale compattezza nel combattimento.
Quando sia realizzato questo insieme di condizioni il potere é finalmente stupido, incapace di conoscere e confrontarsi con il reale, fissato ripetitivamente  e unilateralmente in una sola funzione: la coazione a ripetere i propri delitti fino all’autodistruzione é il corollario necessario della stupidità - cecità - del potere, da Edipo a Creonte, da Oloferne a Saul, da Napoleone a Hitler, dalle democrazie popolari alla democrazia cristiana (se é consentito  scendere in questioni più casarecce)
E’ appena il caso di notare che il potere del danaro e quello politico, tendono a comportarsi nello stesso modo: cambiano solo i mezzi per produrre le decisioni: gli uni usando la coercizione del danaro, gli altri usando la coercizione delle leggi.

La vanità.

La vanità per eccellenza é legata all’aspetto fisico, alla bellezza e prestanza del corpo. Se il corpo  é una risorsa comunicativa, il bell’aspetto, la cura della propria presenza rappresenta un aspetto dell’intelligenza e precisamente quello rivolto a sviluppare relazioni ed esprimere sentimenti: le persone intelligenti appaiono belle anche quando non rispettino astratti canoni estetici .
Sotto questo aspetto possiamo considerare la ‘bellezza’ in senso più generale, come capacità di affascinare gli altri attraverso la propria presenza, sia essa di tipo esclusivamente fisico, sia essa una capacità di fascinazione più ampia.
La fissazione nel proprio fascino é una fonte importante di stupidità.
 Il luogo comune ha sempre attribuito questa caratteristica alle donne, ma fortunatamente questo é uno dei campi in cui finalmente i maschi hanno cominciato a rompere la pretesa esclusività femminile, per cui un discorso sulla bellezza come fonte di stupidità non potrà essere tacciato di essere antifemmnile. L’uomo bello va in giro con un vistoso cartello “mi sun bel’’ ha uno sguardo vacuo o retroflesso su se stesso: rivolto non a incontrare l’altro ma a cogliere nello sguardo altrui l’incondizionata ammirazione. Naturalmente estrinseca il meglio di sé in presenza di almeno una persona di sesso femminile; in assenza di questo catalizzatore si serve del fascino riflesso  della folla plaudente a cui é ancora più difficile sottrarsi.
Il modello simbolico per la competizione e l’affermazione di sé é il branco in cui il maschio dominante mostra la propria potenza in relazione al numero di femmine possedute e al numero dei maschi subalterni che gironzolano intorno al branco in attesa di raccogliere qualche briciola. La folla plaudente rimanda simbolicamente al possesso di un vasto harem. Sotto questo aspetto l’uomo di potere non può esimersi dal realizzare in pratica ciò che il successo di folla postula in termini simbolici: dovrà sottoporsi a lifting, cure dimagranti e improvvisati footing per adeguare il corpo allo spirito, e dovrà anche, per vero o per finta, circondarsi di un adeguato numero di donne (in questo contesto animalesco sarebbe più appropriato il termine femmine, se non si rischiasse di avvilire il ruolo delle femmine della specie uomo a quello di mero strumento riproduttivo della specie), poco importa se i confini tra l’amore autentico e quello mercenario siano piuttosto labili.
Quando il fascino sia esercitato soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione di massa, il problema di collezionare femmine può semplificarsi e diventare del tutto simbolico: stampa specializzata e apposite trasmissioni raccontano gli amori veri o supposti; si fa salotto sulla quantità e qualità degli orgasmi, sul catalogo degli amori che si conclude sempre con ‘in Italia ne  ha milleetré”.
L’uomo di potere, fissato nel proprio fascino,  può fare ameno di pensare e ragionare: gli basta saper fare la conta o ordinarla a chi sa contare, il suo argomento  unico e principe é il numero: qualsiasi imbecillità o nefandezza é accreditata dall’alto numero di seguaci; qualsiasi tentativo di ragionamento viene schiacciato dalla numerosità dei sostenitori dell’opinione avversa. Il processo a Galileo si ripete infinite volte: il potere sulla folla può controvertere qualsiasi verità scientifica.

L’intelligenza.

L’intelligenza é essa stessa fonte di stupidità.
Uno dei giochi decisivi dell’intelligenza é la costruzione di rappresentazioni della realtà. Tali rappresentazioni, per loro natura, non sono “vere”, ma appena “attendibili”:  continuamente devono essere revisionate, sottoposte a manutenzione in seguito al confronto col reale. In genere la frequenza degli interventi di manutenzione impedisce che l’edificio rappresentativo sia organico e completo in ogni sua parte. Tuttavia c’é una spinta incontenibile a completare il quadro, a trovare una collocazione per ogni evento: é una spinta che deriva dal bisogno di sicurezza, di trovare ogni cosa al suo posto, di non andare incontro a sorprese ed imprevisti. Si tratta quindi di un esercizio insieme affascinate e rassicurante, e qualcuno vi resta invischiato fino a perdere contatto con la realtà: é come rifare e perfezionare infinite volte i piani progettuali di una casa, senza mai realizzarla. Tanto più il disegno diventa raffinato  e preciso, tanto più esso non deve realizzarsi per non rischiare di fissare per sempre nel reale una rappresentazione mentale che può ancora essere perfezionata. Quando una rappresentazione é completa, perfetta in ogni sua parte, ha previsto ogni evento, il fortunato pensatore si dichiara in possesso di una “weltanschaung”, visione del mondo: é diventato una “pensatore di grande formato”. La visione é necessariamente visionaria, una sorta di illuminazione divina che consente di abbracciare il mondo in un solo sguardo così come solo Dio poteva fare. Il pensatore di grande formato può dominare il mondo standosene tranquillamente in poltrona, può prevedere gli eventi e parteciparvi senza sfilarsi le pantofole, può conoscere tutto il conoscibile senza scomodarsi a uscire di casa, e senza incontrare nessuno.
Per la verità, nonostante il desiderio di starsene tranquillo, come ogni ‘motore immoto’ dovrebbe fare, il pensatore di grande formato é preso da qualche ansia: ci sono eventi che sfuggono al controllo e bisogna fare grossi sforzi per riportarli nel sistema: c’é quindi un lavorio continuo per dimostrare a se stessi che nulla può divergere, che ogni fenomeno nuovo può essere ricondotto a quelli già classificati, che c’é sempre una formula rituale che consente di ristabilire il dominio sugli eventi: l’uso della storia interpretata come successione ripetitiva di formule é decisivo per condurre questa operazione. L’uomo ideologico ignora il dramma del povero Homo Erectus, che, non avendo antenati altrettanto umani e non potendo ripetere il passato, é stato costretto ad inventarsi l’Homo Sapiens senza poter usufruire di qualche buon modello preesistente.
Il saldo possesso della verità, la compiutezza e l’autosufficienza di questa in un sistema di pensiero blindato, consente di usare il pensiero non come uno strumento comunicativo ma come un’arma contro gli altri, ad essi si adatta perfettamente l’aforisma: hanno il torto di aver ragione.
L’uomo di grande formato non parla con l’altro, ma sentenzia, non ha un destinatario particolare ma parla per l’Universale e per l’eternità, é oracolare, e gli oracoli non si mescolano ai comuni mortali.
Quando l’uomo di grande formato viene elevato al potere - giacché sono altri a doversi occupare della bisogna - l’avere una idea innata del mondo lo esenta da ogni forma di inchiesta nella realtà. Ciò che non si accorda con la propria visione, ciò che si ostina a non farsi inquadrare dentro di essa, viene semplicemente cancellato. La cancellazione delle idee allude a qualcosa di più grave: la cancellazione delle persone. Le persone cancellate sono definite sedicenti oppure pazze, possono essere messe ai margini, rinchiuse in manicomio o eliminate nei lager a seconda del potere di cui dispongono gli ideologi.
La stupidità ideologica si ritrova soprattutto tra le persone che usano il sapere e la cultura in modo professionale e quindi innanzi tutto tra i professori. Psicologi, sociologi, giornalisti, politici, esperti vari sono altre categorie a rischio. Si tratta quindi  di una sorta di malattia professionale derivante dalla necessità di mantenere l’aura professorale.
Le ‘visioni del mondo’ sono molto pratiche per gli uomini di potere: si tratta di  pensieri del tipo “chiavi in mano”: sul mercato sono disponibili diverse versioni in grado di soddisfare diversi gusti: laiche, cristiane, edonistiche, masochiste etc.. . L’uomo di potere, che non ha il tempo per elaborarne una propria, può acquistarla, e rinnovarla, scegliendo tra i modelli esposti nelle vetrine dei pret a porter.

Corollario: la malvagità

La caratteristica comune delle diverse forme di stupidità é la determinazione nella affermazione di sé: poiché lo sguardo é rivolto soprattutto a se stessi, a una propria parte ipertrofica, lo stupido ha la sensazione di essere primo e  migliore,  in quanto non vede negli altri uno sviluppo altrettanto ipertrofico di quella parte. Non prendendo in alcuna considerazione altre realtà non é soggetto a dubbi - se non come dichiarazione intercalare finalizzata alla captatio benevolentiae - non conosce quell’esitazione che é propria del pensiero riflessivo, non ha bisogno di tempo per ponderare diverse ipotesi. Il potere nelle sue diverse forme attrae gli stupidi perché offre la possibilità di mettere a frutto la determinazione e l’unilateralità. Se per avventura si verifica un confronto tra lo stupido e la persona che cerca di usare l’intelligenza, quest’ultima é destinata a soccombere. Una persona che rivendicava la propria stupidità diceva di sé: gli stupidi nascono per poter fregare le persone intelligenti. Questo getta luce sul carattere malvagio degli stupidi: non avendo capacità di affermarsi positivamente, si affermano distruttivamente. Riuscire a sottomettere l’altro, soprattutto quando questo possa apparire umanamente più ricco, diventa un modo per crescere, così come mangiare il cuore del guerriero coraggioso ucciso trasferisce le qualità di questo a colui che se ne ciba.
Tutto questo mi pare particolarmente importante, nel momento in cui si dice che una nuova classe politica incomincia a governare e c’é il rischio che il tasso di stupidità da potere non sia ancora così elevato da rendere compatibile i nuovi governanti con le vecchie strutture. Il rischio é contenuto in quanto molti hanno svolto un lungo tirocinio alla stupidità nelle strutture di partito ed ai vari gradini del sottopotere negli anni passati, Tuttavia qualora qualcuno non si sentisse ancora abbastanza stupido, spero possa trarre profitto da queste modeste lezioni.

Scritto nell’estate 1996 dopo essere stato estromesso dal mio lavoro dai cortigiani vil razza dannata
Riletto e confermato  nell’inverno 2010

La mia foto
Napoli, NA, Italy
Maestro elementare, da undici anni coordina il Progetto Chance per il recupero della dispersione scolastica; è Presidente della ONLUS Maestri di Strada ed in questa veste ha promosso e realizzato numerosi progetti educativi rivolti a giovani emarginati.