domenica 20 marzo 2011

Scordovillo: lezioni di civiltà, emergenza umanitaria ... sgombero. Qualcosa non torna

Nella nostra società ci sono autorità istituzionali, elettive e morali: tutte dovrebbero aiutare il cittadino ad essere tale cioè a partecipare alla costruzione e al godimento del bene comune. Molte autorità elettive sono schiave degli stereotipi, delle emozioni, delle paure, da esse stesse scatenate ed utilizzate a fini di potere; molte autorità istituzionali rispondono più alle direttive della autorità elettive e ai malumori dell’opinione pubblica aizzata dai detentori del potere che non ai doveri istituzionali. Se qualcuno è o si ritiene vittima di ingiustizia difficilmente può sperare di appellarsi a questi tipi di autorità. Esistono poi delle autorità morali, che castigano i cattivi costumi, promuovono la convivenza, difendono gli indifesi e gli indifendibili. Purtroppo non hanno una organizzazione sindacale che li difenda dal superlavoro, non hanno una pletora di consulenti che li aiutino a distribuire le energie e a dedicarsi a tutto quanto necessiterebbe del loro aiuto. Educatori, difensori della legalità, lottatori dell’ecologia, della libertà, dei diritti, qualche volta non ce la fanno, qualche volta sono stanchi, qualche volta sono coinvolti in estenuanti trattative e contese con i ‘poteri forti’ perciò mi permetto di rivolgere a loro questo mio promemoria per attrarre l’attenzione su una questione che potrebbe essere piccola se confrontata ad altre megalitiche disgrazie, ma è enorme per sé e quanti la vivono in prima persona.

Care autorità morali,
vi scrivo perché c’è qualcosa che non capisco, e, poiché pretendo di fare l’educatore dei giovani - si è proprio una pretesa arrischiata in un tempo in cui il mestiere più diffuso è l’abdicazione educativa – chiedo aiuto a voi per capire cosa dovrei insegnare ai giovani.

La prima mia difficoltà è di ordine sintattico e grammaticale. Leggo la prosa virgolettata e non che i giornali riportano a proposito del sequestro del campo ROM di Scordovillo.
“I Carabinieri di Lamezia Terme in collaborazione con il nucleo operativo ecologico, il nucleo antisofisticazioni e Sanità di Catanzaro ed il personale della Polizia Municipale di Lamezia Terme stanno dando esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo d’urgenza dell’area dove sorge il campo rom di località Scordovillo di Lamezia.”
Detta così sembra un’azione meritoria in favore degli infelici 800 “occupanti “– cioè cittadini italiani abitanti dell’area, da un punto di vista semantico il termine occupanti è abusivo – che potrebbe essere seguita da una ingiunzione all’autorità pubblica a provvedere a sanare la situazione difforme dai requisiti igienici e e di sicurezza. Invece non è così l’area viene sequestrata ai cittadini che la abitano. E qui c’è una prima difficoltà sintattica, un cambiamento di soggetto che non capisco: si legge infatti che queste persone – nonostante molti non siano gli abitanti originari – siano “assegnatari dei moduli abitativi realizzati in via provvisoria dalla Pubblica Amministrazione a beneficio della popolazione rom nel 2003”. Dunque l’area appartiene all’amministrazione comunale e a meno di un errore dei redattori, l’area del campo ROM viene sequestrata dall’amministrazione comunale a se stessa. Forse sarebbe stato corretto scrivere: “sono stati sequestrati i manufatti aggiuntivi” costruiti su suolo pubblico. Senonché questo non si poteva fare perché detti ‘manufatti’ svolgono un ruolo sostitutivo rispetto ai containers che dovevano servire da ricovero temporaneo per un anno e che dopo tale data servono da ricovero solo a topi e scarafaggi che si sono insediati nelle intercapedini di lana vetro.
D’altra parte stando alla prosa virgolettata gli abitanti con
“…. con le loro ordinarie condotte quotidiane di vita domestica ed assecondando il loro costume di vivere in modo indisturbato in violazione costante di elementari regole del vivere civile, hanno provocato una radicale trasformazione del territorio, dal giorno dopo la bonifica (2003) e l’assegnazione dei nuovi moduli abitativi realizzati con denari pubblici, godendo in modo esclusivo del territorio del Campo rom tale da non consentire più di distinguere neanche all’interno della popolazione spazi di uso comune (uso pubblico) da destinarsi ad opere di urbanizzazione”.

Dunque il comportamento delittuoso è confondere gli spazi privati con quelli pubblici e ‘da destinarsi ad opere di urbanizzazione’. Qui ho un problema di tempi verbali: dunque sono stati occupati spazi pubblici non già occupati da opere di urbanizzazione, ma da destinarsi, - dopo otto anni - ad opere di urbanizzazione, se ne deduce che le opere di urbanizzazione non c’erano e che la distinzione tra spazi pubblici e privati non era affatto segnalata né dalla presenza dei manufatti propri dell’urbanizzazione, né da altro segnale di ‘riserva’, nel qual caso l’ordinanza avrebbe dovuto segnalare l’abusiva eliminazione di tali delimitazioni.
D’altra parte l’ordinanza segnala altri e più gravi delitti, quali il mancato ingresso delle forze dell’ordine all’inseguimento di criminali di varia natura, e il sistematico sversamento sulla via di accesso al campo di rifiuti tossici e speciali.
Dunque per otto anni, secondo l’ordinanza, abbiamo avuto nel territorio Italiano, una repubblica indipendente a cui non accedevano neppure le forze dell’ordine, costituendo un’isola di felice e baldanzosa criminalità.
E anche in questo caso forse la prosa dei giornali avrebbe dovuto essere diversa, avrebbe dovuto segnalare la ripresa di possesso delle forze dell’ordine di una zona di territorio sottratta all’ordine e magari la costituzione di un presidio – provvisorio per carità – di sistematica vigilanza. Poiché di queste questioni - visto che abito in una zona ad alta criminalità - me ne intendo, so per certo che quando si sono create situazioni di abusiva fortificazione delle abitazioni con strutture blindate e telecamere di sorveglianza, le forze dell’ordine procedono semplicemente – manu militari – a presidiare la zona mentre operai specializzati smontano e distruggono quanto c’è da distruggere e non ho mai sentito nessuna forza politica, neppure di quelle che si avventurano e difendere le cause più improbabili, protestare per queste doverose operazioni. Dunque non capisco perché – qualora fossero presenti delittuose fortificazioni o criminali impedimenti all’accesso - non si sia proceduto semplicemente con lo smantellamento - usando la forza - di tali difese.
E lo stesso vale per tutto il lungo elenco di crimini che vengono indicati nella prosa virgolettata riportata dai giornali. Pur non avendo studiato diritto mi pare di sapere che i delitti hanno una responsabilità personale o di gruppo solo quando sia provato un vincolo organizzativo finalizzato al delitto stesso. Mentre non è possibile attribuire un delitto ad un gruppo che abbia un vincolo non finalizzato a quel delitto (ad esempio un gruppo familiare, una brigata mangereccia, un gruppo di amici di merenda etc..) o addirittura ad una etnia. In questo caso ‘le quotidiane abitudini di vita domestica’ assurgono ad abitudini generatrici di crimine, configurando come delitto la stessa appartenenza ad un gruppo umano e questo decisamente sembra contrario alla convivenza civile e allo stato di diritto in cui riteniamo di vivere.
Ma secondo quanto riportano i giornali,
“L’AUTORITÀ GIUDIZIARIA ha motivato il provvedimento del sequestro basandosi sul fatto che la situazione emersa dalle indagini rappresenta oramai un’autentica emergenza umanitaria ed ambientale al contempo, da affrontare unicamente con lo sgombero immediato e la bonifica dell’area interessata dal campo ROM, non essendo ipotizzabili strumenti alternativi in considerazione della resistenza della popolazione ROM ad integrarsi mediante l’occupazione in attività lecite ed in considerazione del fatto che il loro allontanamento dalla società civile è destinato a crescere in misura proporzionale alla crescita prevedibile della popolazione del campo e del correlato aumento dell’elusione massiccia dell’obbligo scolastico”.
Dunque in realtà si tratta di un intervento umanitario e principalmente a difesa dei bambini, che non andando a scuola si allontaneranno inevitabilmente dalla convivenza civile. La scuola infatti dovrebbe servire a far perdere a questi bambini le inveterate resistenze ad integrarsi nella società con attività lecite.
Si deduce che – almeno i questi 8 anni – per non dire in precedenza siano state offerte ai ROM del campo reiterate occasioni di integrazioni a cui essi avrebbero opposto un sistematico rifiuto preferendo attività illecite. Mi raccontano ammiratori del duce che ai bei tempi del fascio una persona trovata ad oziare e cui si offriva una lavoro e che rifiutava questo lavoro poteva passare direttamente alla galera. Ho sempre pensato che fosse una favola, ma con le dovute garanzie della libertà di scelta, non avrei una opposizione pregiudiziale a una simile prassi. Temo solo che non ci sarebbero sufficienti offerte di lavoro vero e non ci sarebbero sufficienti posti nelle galere. Dunque non capisco perché non si sia effettuato almeno un appostamento nei confronti di persone che rifiutando un lavoro lecito è come se avessero dichiarato preventivamente di volersi dedicare ad attività criminose o illecite. Si aveva un’occasione per assicurare in flagranza di reato un criminale alla giustizia.

Dunque a me sembra di vedere una serie innumerevole di violazioni delle regole urbanistiche, di sicurezza, sanità, antincendio, di convivenza che hanno visto una colpevole collusione tra omissioni amministrative, omissioni repressive e tendenze antisociali di un numero imprecisato di cittadini italiani di etnia ROM, e che di fronte ad un simile conglomerato di illeciti, la Giustizia abbia sfoderato la spada per tagliare il nodo di Gordio facendola cadere sul capo dei ROM. I quali non sono il capro espiatorio, perché la caratteristica del capro espiatorio è l’innocenza assoluta, mentre qui io vedo almeno qualche traccia di assuefazione al degrado e alla marginalizzazione, e vedo il tentativo di polarizzare il male attribuendolo solo a chi è meno difeso e meno difendibile visto che per definizione è fuori del consorzio civile.

Infine ho un problema legale: nei prossimi giorni incontrerò gli insegnanti di una scuola di Lamezia che hanno tra i propri allievi alcune decine di bambini ROM e che insieme all’associazione “La strada” da decenni si occupano non di convertirli al verbo della nostra splendida civiltà, ma di offrirgli la possibilità, attraverso la cultura, di crescere e migliorare la propria vita. So che la loro frequenza scolastica è irregolare, che gli educatori de “La strada” hanno difficoltà a potarli a scuola quando non hanno dormito per essere stati invasi dall’acqua, quando non hanno vestiti sufficienti, quando hanno subito attacchi dei topi o di insetti e so che c’è una continua mobilitazione per aiutare questi bambini e le loro famiglie a trovare la via di un miglioramento. Il problema che ho è di capire se si tratta veramente di bambini ROM o di loro imitazioni e – qualora siano ROM con denominazione di origine controllata - se i tentativi che farò insieme ai docenti per affermare i diritti di questi bambini, così come sono, non possa configurarsi come complicità con una etnia che è descritta come intrinsecamente delittuosa.

Le domande che pongo alle autorità morali sono:
  1. se non ritengono di dover levare la loro voce a denunciare – non lo sgombero del campo che di per sé potrebbe essere persino meritoria – ma il modo in cui un gruppo umano viene fatto oggetto di descrizioni che non possono far altro che alimentare odio e diffidenza
  2. se non ritengono di dover denunciare le innumerevoli violazioni dei diritti del cittadino perpetrate negli anni passati dalle amministrazioni pubbliche locali e nazionali
  3. se non ritengono di dover presidiare in prima persona la tutela dei diritti di questi cittadini visto che nessuna autorità elettiva si assumerà mai la responsabilità di fare qualcosa in favore dei ROM pena una severa punizione elettorale
  4. se non ci sia una associazione di difesa dei diritti o di ‘avvocati senza frontiere’ disponibili a svolgere una disamina approfondita di questo provvedimento per vedere se esso sia giuridicamente fondato e se la prosa usata non sia essa stessa indizio di una pericolosa attitudine a sovrapporre i pregiudizi alle leggi, e ai dati di fatto.
  5. se ci siano dei grammatici senza frontiere che abbiano voglia di individuare le incongruenze semantiche e sintattiche della prosa esibita in questa occasione al fine di offrire ai docenti e agli studenti di italiano delle scuole di ogni ordine e grado un prezioso materiale di riflessione.
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Napoli, NA, Italy
Maestro elementare, da undici anni coordina il Progetto Chance per il recupero della dispersione scolastica; è Presidente della ONLUS Maestri di Strada ed in questa veste ha promosso e realizzato numerosi progetti educativi rivolti a giovani emarginati.