martedì 21 febbraio 2012

La scuola ci riguarda tutti: Parlare non solo alla ragione, ma anche alle emozioni

La scuola ci riguarda tutti: Parlare non solo alla ragione, ma anche alle emozioni

Parlare non solo alla ragione, ma anche alle emozioni

Il preadolescenze diffida dell'insegnante, non perchè parla italiano, ma in prima istanza perchè parla, e in genere parla troppo, mentre lui è intasato da emozioni e conflitti che si esprimono con il silenzio, con il corpo, con il gesto, con l'urlo. la parola dell'insegnante, invece, di aiutarlo a mettere ordine in quel caos, dandogli pian piano una forma, troppo spesso vi sovrappone semplicemente una gabbia di regole, oppure parla d'altro. L'insegnamento linguistico è prima di tutto dialogo, e nel dialogo viene prima di tutti l'ascolto: sennò è vero quello che dicono i ragazzi che usiamo le parole per avere sempre ragione voi. Solo se impara ad ascoltare l'insegnante può avere la pretesa di esere ascoltato.
Carla Melazzini: "Insegnare al principe di Danimarca"

I bambini non hanno bisogno di adulti perfettima di adulti che abbiano ancora voglia  di interrogarsi, di adulti che sappiano quindi essere persone mature e che dimostrino loro di sapersi prendere cura dell'altro, per poterlo aiutare a crescere e a diventare a sua volta persona.  Ciò che può rendere sopportabile l'esperienza di formazione e sopportabile l'esperienza del bambino che apprende così come dell'adulto che insegna, è l'interesse e la capacità di riflettere sui sentimenti.
Questa riflessione sui sentimenti ci rende capaci di vivere l'esperienza e di afferrare il suo significato e può, quindi, risultarne una migliore comprensione degli altri ma anche di noi stessi. Essere poco attenti alla sfera emotiva equivale ad essere disattenti al bambino che, mentre apprende, mette in gioco tutto se stesso e non solo la sfera intellettiva, ma anche a noi stessi.
Se non si è attenti alla relazione educativa si rischia di creare un'antinomia tra il cognitivo/l'affettivo, di staccare la lezione dal processo formativo e quindi il sapere dal capire.
L'insegnamento, per essere realmente significativo,  non può che passare attraverso un dialogo che non escluda la sfera emotiva.

C'è spesso molta paura nell'insegnante di lasciarsi troppo coinvolgere, di essere troppo presi dai problemi dei bambini e si inventa un distacco professionale che si rifugia dietro l'alibi che noi dobbiamo occuparci dell'apprendimento, dell'acquisizione del sapere, del cognitivo e non dell'emotivo, che non siamo mamme, ma insegnanti. Se è vero che è diverso il ruolo del genitore, non si può negare (che lo vogliamo o no) che tra noi e il bambino si crei inevitabilmente una relazione emotiva. Se noi la neghiamo, il bambino percepirà il nostro rifiuto e sostanzialmente la nostra paura. C'è emotività e affettività tra adulto e bambino, tra adulto e adulto nel momento in cui c'è uno stare insieme;quindi difendersi dall'emozione, dai sentimenti vuol dire negare la possibilità di costruire una relazione valida. In genere tutto va bene quando di fronte a noi abbiamo bambini e adulti che non ci pongono problemi, che non mettono in discussione le nostre sicurezze.


Foto di Enzo Sellerio

Nulla, - dice -  nella quotidianità scolastica è insignificante: ogni cosa porta con sé un senso e significato che è compito dell’educatore e dell’educatrice riuscire a portare alla luce
Annarosa Buttarelli
La mia foto
Napoli, NA, Italy
Maestro elementare, da undici anni coordina il Progetto Chance per il recupero della dispersione scolastica; è Presidente della ONLUS Maestri di Strada ed in questa veste ha promosso e realizzato numerosi progetti educativi rivolti a giovani emarginati.