Una scuola che fa acqua (di mare)
a) che la coazione a ripetere appartiene molto più alle
organizzazioni che non agli individui; le organizzazioni burocratiche poi hanno
una vera passione per la coazione a ripetere;
b) che effettivamente la coazione a ripetere sia connessa
con la morte, ma più con la paura di morire che non con l’attrazione per
essa. Nei comportamenti coattivi delle
burocrazie io vedo sempre il terrore che spostandosi di un solo millimetro
dalla rotta abituale avvenga una catastrofe di proporzioni cosmiche: meglio
battere le strade note anche se inefficaci e dolorose piuttosto che
avventurarsi in terreni sconosciuti. Ma la morte è proprio l’assenza di
cambiamento, la paura di cambiare quindi determina la fine delle funzioni
vitali di un’organizzazione come di una persona. Da questo punto di vista anche
un’organizzazione può avere un comportamento nevrotico ed essere soggetta allo
strano fenomeno della coazione a ripetere. Se per un attimo riusciste a
mettervi dal punto di vista nevrotico potreste immaginare quale immane
catastrofe cadrebbe sulla scuola italiana se per mandare in una scuola degna di
questo nome 20-30 studenti che vivono in una piccola isola si trovasse una
soluzione difficilmente inquadrabile nella miriade di norme esistenti.
Scuola in mezzo al mare
Mettiamo una scuola in cui lo S T A T O
- con tutte le lettere maiuscole e ben scandite mentre accenniamo ad un
rispettoso inchino - non riesca ad assolvere ad un suo compito fondamentale:
fare scuola garantendo almeno il ‘servizio’ ossia la presenza degli insegnanti
al momento giusto e al posto giusto
(quanto alla qualità ed efficacia del servizio qui non ce ne occupiamo,
assumiamo che sia mediamente scadente come nel resto del mondo); mettiamo che
un gruppo di cittadini responsabili, quelli che ‘rispondono
dell’educazione’, si attivi per trovare una soluzione, come si comporterà
lo STATO?
Accenno ai fatti:
succede che in una piccola isola si accorpano gli alunni elementari in
una pluriclasse e altrettanto si fa per le medie. A fronte di questo
cambiamento radicale nella struttura
delle classi voi immaginereste che anche le altre ‘variabili’ siano
sottoposte a revisione. Niente di tutto questo, stessi orari frammentati,
stesse graduatorie, stessa sequela di malattie, supplenti, supplenti di
supplenti, trasferimenti q.b. Si dà il caso che l’insegnante che deve venire
per un’ora – poniamo il lunedì - debba spostarsi tra un’isola e l’altra oppure
tra il continente e l’isola, mentre il mare è a forza 9, e quindi capita spesso
che non arrivi, o arrivi in condizioni piuttosto precarie, parecchio arrabbiato
e scontento del proprio lavoro e che si periti di comunicare ai ragazzi, invece
che il suo illuminato sapere, le ragioni del suo scontento (tutto molto umano,
ma vorremmo altrettanta comprensione umana per i ragazzi).
I genitori si organizzano e vedono di arrangiarsi tra di
loro: fanno dei laboratori; prodotti
degli oggetti con i ragazzi, li vendono e con il ricavato comprano una
parabola per ADSL satellitare e pagano
50 euro di canone al mese così si possono fare le ‘videoconferenze’.
Questa possibilità in qualche modo viene riconosciuta –
bontà sua - dalla scuola, ma resta il fatto che quello stesso laboratorio è
‘extrascolastico’ e addirittura extramoenia, accolto nella canonica dismessa
della chiesa principale.
La parabola della scuola
L’orario, la titolarità delle discipline e tutto il resto non
si toccano, la tecnologia non serve a innovare ma a conservare meglio un
apparato ed un’organizzazione che fanno
acqua – di mare – da tutte le parti.
Bisogna aspettare che l’insegnante che non ha potuto
raggiungere l’isola possa raggiungere il luogo della videoconferenza e di là
elargire la sua illuminata lezione.
Domanda: una volta che sia esclusa la presenza dell’insegnante ed una
buona interattività, non esistono decine di software ben fatti che sono in
grado di sostituire questa lezione teletrasmessa? Ma veramente il ruolo insostituibile del
docente è quello di elargire i contenuti?
Il docente oggi è più indispensabile di ieri perché deve stabilire una relazione umana attraverso la disciplina e rendere significativi, importanti per sé , i contenuti di una disciplina. Questa operazione si fa solo in presenza, attraverso quei segnali meta-comunicativi incoraggianti che il docente dovrebbe essere capace di fornire con continuità agli allievi. Se il docente non sa fare o non può fare questo lavoro sulla relazione può essere sostituito da un buon macchinario.
Allora se utilizziamo lezioni teletrasmesse o lezioni
preregistrate da un buon produttore di materiale didattico, cosa fa il docente? Per esempio con una diversa organizzazione
oraria potrebbe condurre uno stage conoscitivo – residenziale, senza il mare in
mezzo - con i suoi allievi, fare una campagna intensiva di conoscenza
ravvicinata sulla cui base potrebbe programmare una serie limitata di moduli
didattici, facendo una vera progettazione e non una
programmazione-risciacquatura del programma ministeriale. Poi potrebbe a
distanza effettuare un monitoraggio –
che solo una competenza disciplinare assicura –sull’andamento del percorso di
apprendimento, e poi effettuare delle verifiche serie e ben organizzate in presenza.
Oppure tutto questo non va bene e
occorre inventarsi un’altra soluzione: tutto tranne stare lì davanti allo
schermo ad aspettare se il docente arriva via mare o via etere.
Dunque è evidente che una soluzione nell’ambito delle regole tradizionali non si
riesce a trovare e vanno esplorate
strade nuove. Chi deve farlo?
Una scuola veramente autonoma, in grado di progettare e non
solo di eseguire direttive dovrebbe essere capace di inventarsi qualcosa. Una scuola che sia pubblica, ossia veramente
a disposizione del cittadino dovrebbe immediatamente includere - in un gruppo
di pensiero incaricato di trovare una
soluzione - i cittadini responsabili che si sono già mobilitati.
Ma non sono insegnanti!
Qui è il bello. Chiunque sappia – appena, appena - qualcosa
di progettazione partecipata sa che il nocciolo è la partecipazione delle
persone non competenti. Nella
progettazione partecipata, l’esperto si mette in ascolto, prende seriamente
tutte le proposte, si adopera per trovare
le ragioni per sostenerle se sono compatibili, per confutarle se così
non è. La progettazione partecipata si
basa sull’idea che la soluzione sta in mezzo a noi, bisogna trovare solo dove è
nascosta, e l’esperto sostiene questa ricerca piuttosto che fornire una
soluzione preconfezionata.
Invece no. Bisogna addirittura scomodare l’assemblea
legislativa, fare una legge speciale per le isole, una legge speciale che
consenta di conservare il quadro esistente
creando una soluzione ad hoc. Per carità, una cosa buona e giusta, ma oggi forse possiamo
pensare ad altro.
Per esempio possiamo pensare
che la cosa speciale sarebbe
pensare finalmente ad una soluzione empirica senza scomodare il legislatore e
soprattutto senza aspettare i tempi del legislatore che arriverà a decidere
quando i nostri studenti stanno già all’università.
VIP
In questa isola arrivano da tutto il mondo persone di
cultura e influenti che vogliono godersi
una meritata parentesi rispetto alla convulsa vita urbana. Ma questa isola è com’è
perché ci sono degli abitanti che la tengono in vita durante i lunghi mesi
invernali. Questi abitanti non dovrebbero essere angustiati dal fatto che
restando a Stromboli i loro figli non abbiano una scuola adeguata, non
dovrebbero temere che le famiglie debbano separasi per assicurare allo stesso
tempo la scuola ai figli e il benessere ai turisti. Pensiamo che le persone di
cultura e con ruoli di prestigio forse potrebbero spendere qualcosa di sé per
sostenere questa giusta causa.
E’ possibile creare una cooperazione tra privato sociale
(parole grosse, stiamo parlando semplicemente di un gruppo di genitori e di
cittadini che si sono attivati non a protestare e basta ma a creare soluzioni
efficaci) mondo della cultura, e la
scuola così come è (senza aspettare la sua palingenesi)?
E’ possibile che un ministro tecnico – tramite i suoi collaboratori
- ci aiuti a pensare una soluzione
creativa invece di aggiungere nuove normative alle troppe già esistenti?
Potrebbe bastare che si dia mandato a un dirigente o un
qualsiasi ‘tecnico’ di studiare una soluzione con tutti gli interessati da
presentarsi entro sei mesi?
Potrebbe bastare dire che alle scuole che operano in
particolari condizioni logistiche si dia un sostegno per sviluppare al massimo
l’autonomia funzionale stabilita dal titolo quinto della costituzione?
Potrebbe bastare che per una volta -proprio perché si tratta
di un’isola isolata - ci si affidi alla partecipazione degli interessati invece
che alle decisioni di un’organizzazione pachidermica? Fermo restando che
l’ultima parola la dica il MIUR? Mai sottrarsi alla sua santa supervisione!
Didattica in strada
NOTA BENE :
la vulcanologia dal vivo, la pesca con i pescatori, la ceramica con Chiara, non sono attività didattiche, sono "extracurricolari". Salire sul vulcano più frequentato d'Europa non si addice agli scolari di Stromboli, e - se accade - è "non-curricolare". Ora ci chiediamo, ma tutto quanto si dice in giro sugli apprendimenti informali, sulla didattica laboratoriale e quant'altro vale solo per le scuole steineriane ad alto costo o potrebbe valere per i comuni mortali? C'è qualcuno che si rende conto di quale colossale insulto all'intelligenza e all'economia è non valorizzare appieno queste attività come parte integrante del curricolo?
Certo non sono tanto ingenuo da pensare che sia semplice, sappiamo benissimo che tra una competenza pratica ed una teorica c'è da fare un lavoro - appunto quello che dovrebbe fare un buon docente - ma viceversa bandire queste attività dal curricolo equivale a dire che la scuola può occuparsi solo di parole vuote e questo è distruzione di tempo ed intelligenza giovanile che dovrebbe essere condannato come crimine contro l'umanità. Le Eolie sono patrimonio UNESCO ma mai potranno essere patrimonio dei suoi bambini secondo questa logica.
Vedi altro in: Scuola in mezzo al mare
https://www.facebook.com/groups/scuolainmezzoalmare/
Nessun commento:
Posta un commento