Rosaria Scarambone
ha commentato il mio post sui cento anni di Emma Castelnuovo stabilendo una
bella connessione con la sua esperienza e quella di molte altre persone formatesi
in quello spirito che anima Emma Castelnuovo. Ho letto poi nel profilo una sua
lettera riguardante le polemiche pubbliche riguardanti gli psicologi e le loro
relazioni con altre professioni.
La
questione è importante e mi riguarda da vicino perché nel lavoro di ‘maestri di
strada” abbiamo a che fare ogni
giorno con le cose di cui lei parla, e vorrei che tutti insieme potessimo
capire meglio quale è la posta in gioco.
Questo
l’incipit di Rosaria
MESSAGGIO AI COLLEGHI CANDIDATI ... NON CI LAMENTIAMO SE POI ...
in FB ovviamente leggo ciò che scrivono colleghi psicologi e spesso ascolto lamentele nei confronti dei medici per il tipo di relazione nei nostri confronti
Rosaria, grazie per tutte queste cose che dici della
matematica. Sto pensando che dobbiamo, insieme a tanti altri con cui parliamo
di queste cose organizzare qualcosa di 'mirato' su questi argomenti.
Mi ha colpito anche
il tuo post sulle polemiche riguardanti gli psicologi.
Ora la dico
grossa: "la questione è complessa" (ormai è una frase fatta perciò ci
sorrido sopra), è veramente complessa.
Nel mio lavoro 'maestri di strada' collaboro con molti giovani
laureati in psicologia anche solo con la triennale, per svolgere un lavoro
complesso nelle classi, nel quotidiano, a fianco dei ragazzi e soprattutto dei
docenti. E' una professione di strada nel senso che la inventiamo strada facendo
tenendo in piedi un potente apparato riflessivo in seconda linea. Così facendo
giovani operatori stanno
conoscendo situazioni di una complessità (eufemismo per dire caos
incommensurabile) che spaventerebbero professionisti di lungo corso ben
strutturati. Dunque le nostre colleghe non esercitano la professione di
psicologhe nè si presentano come tali, fanno le "maestre di strada"
come meglio possono, tuttavia non possono
e non devono nascondere che hanno la laurea in psicologia e basta questo
semplice fatto a scatenare una serie di reazioni che tu ben conosci, tant'è che
molto del nostro lavoro consiste nel dipanare il groviglio che intorno a questo
fatto si va a costituire. Ma non ce ne lamentiamo: in un certo senso la
'parola' psicologo serve ad evocare una bella quantità di fantasmi che è bene
conoscere se si vuole lavorare nella molto complessa realtà di una classe
scolastica che ospita adolescenti instabili e arrabbiati. Mi pare che a maggior
ragione tutto questo si scateni se uno invece è proprio uno psicologo nell'esercizio
della sua professione: e fin qui non dico niente di nuovo. Si sa,
"noblesse oblige" direbbero i francesi, ti è piaciuto - direbbe
qualche acidone - ed ora pedala; è nel conto di questa e di altre difficili
professioni. Ma perché gli psicologi devono sentirsi addosso anche gli attacchi
di professioni 'cugine' come
quella medica e quella psichiatrica, e perché devono litigare tra loro e con il
loro ordine?
Ti racconto una storiella che mi riguarda: nell’estate del
1960, avevo 14 anni ed ero molto arrabbiato, soprattutto con mio padre (che non
mi aveva fatto niente di speciale, solo non lo sopportavo) e non potendo picchiarlo
avevo preso a dare pugni nei muri procurandomi anche qualche lesione alle ossa
che ogni tanto si fa sentire. Mia madre si accorse che ero al limite, e lei che
non ci portava mai dal medico - neppure con la febbre a 40 perché fronteggiava
bene le emergenze e dal medico ci andava non prima di tre giorni – mi portò dal
medico.
Questo diagnosticò che poiché all’epoca facevamo tre mesi di
mare e vivevamo comunque sul mare, avevo assorbito troppo iodio e questo mi
rendeva nervoso. Cura: deve andare in montagna e respirare aria non iodata.
Detto fatto fui spedito da una zia che viveva in una centrale elettrica nei
monti del trentino. Li sono stato più di un mese e non avendo altro da fare
noleggiavo la bicicletta e ho scalato tutti i passi alpini dei dintorni tra i
1700 e 2100 metri, godendomi l’ossigeno dei boschi e panorami straordinari come
mai più mi è accaduto. La cura funzionò in modo eccellente, la tesi della colpa iodata dimostrata
in modo inconfutabile.
Dai lì a due anni sarei andato via di casa definitivamente:
stavolta perché litigavo con i professori, ma nessuno stabilì un nesso con
l’episodio precedente e tanti altri verificatisi nell’intervallo. Dunque poter
trovare un colpevole chimico funziona anche sotto il profilo psicologico: non
turba gli equilibri stabiliti, non mette le mani in quel ginepraio che è una
famiglia animata da 5 figli di cui uno in piena crisi adolescenziale.
Naturalmente non serve al suddetto adolescente che resta solo con la sua
rabbia, ma questo è un dettaglio trascurabile: il bene collettivo prevalga
sempre, se poi c’è un effetto collaterale ….
Una mia simpatica genitrice, al centro di una vicenda di
vendette incrociate con agguati e morti ammazzati, invischiata in relazioni
“amorose” con almeno tre uomini diversi e figli quanto basta, di fronte al
fatto che il figlio a dieci anni soffriva di enuresi notturna mi disse col
sussiego di chi si prepara ad un passo difficile e coraggioso che l’avrebbe
portato dal medico per fargli fare ‘i raggi in testa’: Si trattava di un elettroencefalogramma e, deduco, di
uno psichiatra, perché invece quando si va dallo psicologo si dice “ me mett’mmano o pissicologo” .
Ora questo ‘mettersi in mano allo psicologo’ descrive perfettamente la
differenza tra ‘farsi i raggi in testa’ che prescinde dalle sparatorie e dalla
complessità di un menage a quattro e l’intervento dello psicologo che avrebbe
inevitabilmente comportato uno sguardo sulla complessità dei vissuti del
giovane rampollo (che peraltro in classe usava dire “pr’ssò’ io nun capisc’amme
figuratevi la matematica”!).
Ai piani alti della scala sociale non si usano espressioni così
ingenue ma la sostanza è anche più dura di questa: la ‘mezza cultura’ aiuta a
costruire una pseudo spiegazione razionale del perché uno psichiatra o meglio ancora un medico (naturalmente
considero gli psichiatri innocenti di tutto quanto intorno alla loro figura si
favoleggia) sia preferibile ad uno psicologo per affrontare problemi psichici
che anche un profano capirebbe vedono nelle relazioni familiari un’aggravante
quando non la causa scatenante.
Fresca fresca: la madre di un adolescente
scatenato (ambiente criminale e vicende di sangue come sopra) che ha già mobilitato un esercito di
specialisti urla disperata: sta psicologa nun e proprio ‘bona, t’aggia purtà
propete addo psichiatra: a capa toia non è bbona!). (questa psicologa non va
bene devo portarti proprio da uno psichiatra)
Nella gerarchia di efficacia intrusiva in medicina generale
viene prima il pinnolo, poi la supposta, poi “a scatule e serenghe (pillola, supposta scatola
di siringhe ) a loro volta gerarchizzate
tra quelle di poco prezzo e di alto prezzo e alla fine, il top sono ‘ e lavagg’
e sang’’ (flebo) . Nella scala di efficacia per le condotte sono nell’ordine:
e’ mazzate, l’assistenza sociale, la psicologa, lo psichiatra, o’ serraglio’ (l’aggia
‘nchiurere). (Serraglio era il nome popolare di un istituto di ricovero per
bambini abbandonati o riottosi altrimenti detta “casa di correzione”; “lo devo chiudere” fa riferimento a
questo tipo di istituzioni ormai scomparse – o quasi – ma ancora vive
nell’immaginario popolare)
E che c’entra questo con i litigi pubblici tra psicologi,
con le polemiche riguardanti l’ordine che mi pare siano ricorrenti?
C’entra
come il battito d’ali della farfalla di Pechino che causa un tornado in
Florida!
In un ambiente di alta complessità il caos può essere scatenato da una
perturbazione minima del sistema.
Gli psicologi lo sappiano o meno, ne parlino oppure no stanno
nell’epicentro di questi terremoti, attraggono come calamite i fulmini che si
scatenano nelle innumerevoli tempeste emotive che attraversano ogni giorno a
tutti i livelli la vita di una città
e di una società complessa, e sono preparati a questo? Dal mio
osservatorio io vedo che già nella fase di accesso alla professione esistono
strade diverse e scuole diverse – va bene, forse è bene così - le une contro le altre armate (e
questo di certo non va bene) e ci sono modi di esercizio della professione
molto diversificati e vedo che ci sono modi molto diversi di affrontare la
difficoltà specifica della professione: forse qualcuno pensa a ‘blindarla’ il
più possibile, qualcuno pensa a costituire una difesa riflessiva, capacità di
ricostituire la propria integrità professionale curando in corso d’opera le
inevitabili ferite. Se non c’è un pensiero su queste cose è inevitabile che
prevalgano gli attacchi, pubblici o privati che siano, perché ciascuno si sente
scoperto ed indifeso. Forse qualcuno pensa che l’Ordine possa essere un
baluardo contro gli attacchi delle istituzioni e del pubblico e restano delusi
dal fatto che forse non riesce a fare molto per questo.
Forse tu ed altri come te non si candidano perché sanno che
non è in questione una o più persone ai vertici dell'organizzazione ma il senso di
questa stessa organizzazione.
Per parte mia, riguardo a tutte le professioni che hanno a
che fare con le persone e con la psiche ho
adottato questo slogan:
“colui che avanza preceduto dal rumore dei propri passi (perché coperto di una pesante armatura NdR) morirà prima del tramonto”.
Questa frase viene detta da una vecchia contadina
all’indirizzo di Lancillotto nella scena iniziale del film Lancillotto e Ginevra di
Bresson. I cavalieri della tavola rotonda alla ricerca del Santo Graal, i
difensori estremi della purezza della fede, in realtà sono rosi dai tarli
interni della gelosia, delle invidie, della competizione per il potere: la loro impresa non ha più alcun senso
e moriranno uno dopo l’altro chiusi nelle loro armature che alla fine si
riveleranno per quello che sono: contenitori vuoti.
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