Caro Sindaco, Caro Presidente
(C’è sempre un presidente nei
paraggi)
Cari sindaci, cari presidenti
(Molti sono coloro che
sìndacano e presiedono)
Cari residenti
(oh! Un fecondo refuso ha
spodestato i presidenti)
Vorrei parlarvi dei giovani.
Non vorrei parlare sui
giovani, o a nome dei giovani,
ma dei giovani come ognuno di
noi li porta dentro
e li sente nelle azioni
quotidiane.
Noi abbiamo un modo di vita
che ogni giorno uccide i giovani:
uccide la capacità umana di
vedersi e riconoscersi
non solo da dentro ma da
fuori,
la capacità di riflettere su
di sé, progettare il proprio futuro
anche se è breve,
anche se siamo sulla soglia
dell’ultimo respiro.
Noi uccidiamo quella che uno
psichiatra napoletano chiamava
“la sperimentalità agita dei
giovani”. E aggiungeva:
“l‘umanità giovanile è
l’unica umanità di cui disponiamo”.
Dunque sotto molti aspetti
noi siamo degli zombies,
e come tutti gli zombies
tendiamo ad assimilare
al buio della morte ogni
vivente.
Noi abbiamo in odio la
gioventù perché ci ricorda il delitto
che quotidianamente compiamo
dentro di noi, uccidendo la vitalità.
I giovani sono testimoni
pericolosi di un paradiso
perduto per nostra pervicace
volontà
o forse per nostra pervicace
ignavia
per questo diventiamo acuti osservatori
di quanto i giovani siano…
smodati, eccessivi, sguaiati,
inconsulti, avventati, aggressivi.
Violenti, vuoti, consumisti,
più violenti, ignoranti, presuntuosi
….
Le prove ci sono, è proprio
tutto vero, abbiamo ragione!
…
aver ragione questo il nostro
torto,
la pretesa di usare la
ragione
per dimostrare,
ai giovani
che non hanno diritto ad
essere come sono.
L’aver ragione ci serve a
mascherare, a noi stessi,
l’oscena pretesa di guidare
gli altri
mossi solo dall’invidia e dalla gelosia
per avventati vitali
comportamenti.
Perché chi non si avventa
contro i propri limiti non vive.
A noi soli spetta il futuro,
a noi soli spetta poter costruire
gli edifici mentali e sociali
che potranno essere abitati dai giovani
a loro si addice il
conformarsi a ciò che noi costruiamo per loro
si addice rendersi degni,
conformandosi a ciò che
la nostra conformista
conformazione rende a loro disponibile
A noi si addice una bontà
cosmica
a loro solo il rendersene
meritevoli.
Dunque nella partita tra noi
e i giovani
c’è un carico simbolico
che pesa come l’universo
intero
Non è competenza di un
assessore, né di un sindaco,
né di tutti i presidenti che presiedono
ciò che si può presiedere e
presidiare
forse è compito dei
‘residenti’
Se leviamo la p a tutti i
presidenti, restano solo dei residenti
Ed i residenti non sono
cittadini,
ma semplici occupanti di
metri quadrati
o anche chilometri quadrati.
Alla contesa tra chi possiede
ettari di terra
metri cubi di danaro e servi
osannanti
e chi occupa
precariamente solo qualche metro
quadro
e non dispone di nessuno
schiavo,
i giovani non possono e non
devono partecipare
Forse i residenti dovrebbero
battersi
non per conquistare una P
Ma per diventare
cittadini, per conquistare una
capacità infinita
di costruire spazi piuttosto
che occupare porzioni di superfici
Forse, a questa lotta, i
giovani potrebbero partecipare con entusiasmo
Potremmo scoprire che sono
loro ad inventare i cittadini di domani
Sono loro che sanno
inventare nuovi spazi
non da occupare ma da vivere
Noi adulti dovremmo essere
felici di restare in seconda linea
seconda linea attiva e
produttiva che aiuta chi avanza,
che sostiene, accompagna,
costruisce fiducia
Se stiamo assieme per
accaparrarci brandelli di un futuro radioso
Non abbiamo niente da dare ai
giovani
Se stiamo insieme per
inventare una speranza che è pura metafisica
Non abbiamo speranze da
diffondere
Se stiamo insieme
semplicemente per esserci,
e per dire: qualsiasi cosa
accada sono con te,
allora ognuno di noi ha una
ricchezza immensa da dare
Se stiamo insieme donando
reciprocamente l’esserci
una robusta radice comune
diffonderà linfa vitale
in tutto l’organismo sociale.
Questa è l’alleanza coi
giovani, il patto,
che dovrebbe essere fondativo della città viva
della casa comune che ospita
un organismo vivo
piuttosto che accampamento di semplici residenti
(s)partiti per affiliazione
tra innumerevoli presidenti
Dunque noi ‘educatori di
strada’
girovaghi e camminanti senza
bagaglio
tra grandi e piccole
superfici appoderate,
ci sentiamo avamposto di questo
patto.
Ci siamo presi il mandato
della città senza che la
città lo sapesse
E ora chiediamo se la città
vuole riconoscere che agiamo in suo nome
Se la città vuole dire ai
suoi giovani residenti che li ama
E che li vuole veri
cittadini,
costruttori di una città
nuova,
migliore per tutti perché è
migliore con i giovani.
Non occorre promettere,
ogni promessa sarebbe falsa
Non occorre dare,
ogni cosa ridurrebbe
le relazioni a scambio mercantile
Non occorre fare discorsi
Occorre in silenzio stare
accanto
E dopo un po’
Quando il silenzio ha fatto
il suo lavoro
urlare
con quanto fiato si ha,
solo:
ci sono.
giusto. forte. grazie, r.i
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