giovedì 19 novembre 2009

Una lettera dal futuro


Lettera aperta sul progetto CHANCE!

Cesare Moreno per  il primo seminario di formazione 3 luglio 1998
Il progetto Chance costituisce il primo tentativo di realizzare  in una realtà difficile e complessa alcuni principi educativi ed organizzativi  ormai da tempo considerati  fondamentali.
Ci sono termini che diventano rapidamente di moda come rete, sinergie, integrazione  e si consumano ancor prima che la cosa cui si riferiscono sia realizzata.  In questo caso l’impegno che ci stiamo assumendo riguarda proprio la realizzazione di qualcosa di cui da troppo tempo si parla, senza che ci siano mezzi, regole e persone adeguate a realizzarla. Questa volta ci sono tutte le condizioni  e possiamo occuparci del problema reale e non degli impedimenti ad affrontarlo.
Il problema é molto semplice e perciò anche colossale:  é possibile che il mondo adulto, che noi in qualche modo rappresentiamo, possa avere  qualcosa da dire e da insegnare a ragazzi  che per molti motivi hanno già maturato sfiducia ed estraneità rispetto alle istituzioni  e alle persone al punto da aver abbandonato la scuola e di vivere una vita marginale?
La questione va molto oltre il problema scolastico e pone una quantità di interrogativi riguardanti  il nostro modo di vivere, in nostro modo di rapportarci con le generazioni.
Le vie attraverso cui si stabilisce una continuità ed una interazione positiva e creativa tra le generazioni sono per molti versi misteriose. La scuola é uno dei luoghi attraverso cui passano tali misteriose vie e la crisi di questo luogo finisce per essere una spia di una difficoltà di relazione più generale. Il problema é troppo importante per lasciarlo ai soli insegnanti. Ma gli insegnanti sono anche uomini concreti in questo mondo, sono parte non solo professionale della complessa relazione che lega le generazioni.
Troppe volte il nostro lavoro, per motivi insieme complessi e banali, ci impedisce di portare  nell’insegnamento in modo pieno, consapevole e pregnante il nostro essere uomini. Il didattichese ed i linguaggi specialistici sono i segni distintivi di un habitus che finisce per essere corazza estraniante nei confronti dell’altro. Chance si chiama questo progetto e in origine intendeva offrire una Chance a ragazzi in condizioni difficili, in realtà é una Chance eccezionale che si offre ad un gruppo di persone di cimentarsi  con il problema dell’educazione come uomini piuttosto che come ‘impiegati statali’.
Sotto questo aspetto esprimo una gratitudine profonda e sentita a quanti hanno consentito  avviare questo progetto, e metto al primo posto le diverse autorità responsabili  perché hanno saputo dare fiducia  ad un progetto difficile  mobilitando le risorse giuste nel modo giusto. Purtroppo anche nelle relazioni tra le istituzioni e i cittadini, nel rapporto tra istituzioni e gli operatori di queste, per molti motivi, si sono sviluppati rapporti intossicati  da rancori e diffidenze, da permanente spirito rivendicativo che rischia di guastare anche le imprese migliori : si guarda al ritorno pubblicitario che ne ricavano i responsabili, si teme che una impresa positiva possa turbare la geometrica perfezione di una rappresentazione del potere tutta al negativo, si sospetta di fiori all’occhiello che imbellettano abiti logori. Proprio per questo occorre ribadire che esistono modi più ‘economici’ e meno rischiosi di mettersi in mostra e che nessun processo alle intenzioni può modificare la realtà di fatto di una impresa  realmente impegnativa.
Le persone che partecipano a questo esperimento non hanno nulla di più e nulla di meno di migliaia di insegnanti che fanno bene il loro lavoro nell’ordinario e tra mille difficoltà:  sono semplicemente persone che si sono rese disponibili a riparare  un rapporto che, da qualche parte e per responsabilità insieme individuali e collettive, si é guastato. Queste persone dovevano avere una motivazione in più per potersi cimentare in una impresa più difficile dell’ordinario, si tratta di un privilegio, del privilegio di affrontare una impresa difficile e cioè di affrontare un rischio. Un rischio che non é computabile in termini economici o di carriera ma che é enorme sul piano umano, perché la premessa di questo progetto é che ognuno mette in gioco non quattro tecniche didattiche ma la propria umanità. Proprio per questo era necessario che gli operatori potessero scegliersi tra loro, stabilire una relazione positiva ancor prima di operare, era necessario fidarsi l’uno dell’altro, essere disponibili a condividere i rischi. Una delle cose più coraggiose contenute in questo progetto - di cui va dato atto innanzi tutto al Provveditore -  é proprio il modo in cui sono stati reclutati gli insegnanti , che ha valorizzato la relazione personale - ed insieme il rischio e la responsabilità di chi tali scelte ha operato - piuttosto che cercare di sommergerla sotto regole solo apparentemente oggettive: significa che di questo progetto gli operatori rispondono in solido, che nessuna graduatoria, nessuna imposizione ha inquinato la libera scelta di cimentarsi e di rischiare insieme.
Per tutto questo la nostra prima preoccupazione é stata garantire a tutti gli operatori un sostegno di natura umana e relazionale che é dato innanzi tutto dal grande spazio che nella organizzazione quotidiana é assegnato ai momenti di collaborazione ed interazione, spazio che viene strutturato e garantito dalla presenza sistematica di una équipe psicologica che é parte integrante e responsabile del progetto.
La nostra ipotesi di lavoro detta in sintesi estrema é banale: solo un team docente che stia bene con se stesso, che gestisca bene le proprie intelligenze  e le proprie capacità può essere in grado di trasmettere agli altri, per ‘contagio’ prima che per  scienza,  una buona relazione con sé, fiducia nei propri mezzi intellettuali, motivazione  ad apprendere.
I mezzi  e le tecniche  di cui si dispone sono commisurati a questa ipotesi: sono previsti molti momenti di socializzazione  nel territorio, visite guidate, soggiorni di istruzione, gestione comune del tempo libero e tutto quello che potrà servire a ricostituire un legame lacerato tra un gruppo di ragazzi  e la società che li ha generati.
I gruppi di lavoro sono stati costituiti mettendo in primo piano l’attitudine  ad organizzare un curricolo o percorso di conoscenza con i ragazzi e per i ragazzi, piuttosto che la specializzazione disciplinare o il livello di scuola: lavoreranno assieme insegnanti provenienti dalle elementari, dalle medie, dalle superiori, più versati nel ramo artistico o tecnico o letterario o scientifico , ma tutti con caratteristiche polivalenti,   in possesso di ‘competenze trasversali’ - detto in sintesi -  capacità  e volontà di impegnarsi ad insegnare a tutto campo.
Tutto questo é reso possibile anche dalla disponibilità di un adeguato budget che consente di ingaggiare  -quando necessario- specialisti, in questo o quel campo, in grado di trasmettere nel migliore dei modi le indispensabili conoscenze ed abilità  seguendo anche indicazioni ed attitudini dei ragazzi. Per questa parte occorre dare atto al Comune di Napoli (Assessorato alla Dignità) di aver operato le scelte giuste, da un lato impegnando tempestivamente le somme - cosa che nelle altre grandi città italiane non é ancora realizzato- e dall’altro di aver stabilito una vera integrazione con la scuola, cosa che al momento é unica in Italia, dal momento che in genere gli interventi del privato sociale sono realizzati  in modo indipendente seppur coordinato: nel nostro caso tutte le risorse finanziarie e professionali, pur nella distinzione dei ruoli e nella diversa regolamentazione contrattuale, sono gestiti sotto la responsabilità  della scuola presso cui si svolge il progetto.
La valutazione dei risultati avverrà soprattutto in relazione alle capacità di orientare che avrà avuto questo corso: la licenza media é solo la sovrastruttura giuridica di un risultato sostanziale molto più o importante che non riguarda solo il possesso di alcune abilità strumentali,  ma riguarda il proprio orientamento  rispetto alla identità, alle relazioni,  al lavoro. Uno spazio importante, che riguarda oltre la metà delle ore impegnate, riguarda quindi attività che siano in grado di far conoscere e partecipare i ragazzi ad attività, iniziative, imprese, che arricchiscano la gamma delle Chance che ciascuno vede di fronte a sé sottraendolo al determinismo di ambienti che sono culturalmente poveri soprattutto perché offrono percorsi obbligati ed oppressivi.
Oggi 3 luglio, dopo una serie di contatti preliminari, prendiamo un primo contatto con il problema discutendo tra noi a partire da un film. Si tratta di una scelta quasi obbligata perché siamo tutti presi da un’ansia notevole nei confronti del compito, e dobbiamo cercare di fare in modo che l’ansia generi tutto il suo potenziale positivo in termini di responsabilizzazione, di impegno, di comprensione e non diventi invece paralizzante: lavorare su un film é come svolgere una esercitazione  con proiettili a salve che consente di prendere confidenza col campo di battaglia senza farsi male e consente interiorizzare qualche tattica per non farsi male neppure sul campo vero, ma soprattutto serve a dare fiducia che l’intera squadra é in grado di sostenerti e che non sarai solo di fronte alle difficoltà.
La metodologia di condividere e gestire ansie e preoccupazioni, di sostenere continuamente la coesione del gruppo accompagnerà tutto il nostro lavoro, di questo siamo grati alla équipe dei prof Valerio  ed Adamo che ha accettato  - nonostante i tempi stretti e le condizioni non ideali - di condividere il rischio dell’impresa insieme ai docenti e che é stata in grado di metterci in marcia ancora prima che siano definiti nei dettagli tutti i contratti e tutti gli impegni.
Ci auguriamo tutti di poter far un buon lavoro.
Cesare Moreno


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Napoli, NA, Italy
Maestro elementare, da undici anni coordina il Progetto Chance per il recupero della dispersione scolastica; è Presidente della ONLUS Maestri di Strada ed in questa veste ha promosso e realizzato numerosi progetti educativi rivolti a giovani emarginati.